Una casa che sa di famiglia
Ci sono luoghi che per quanto puoi andare lontano restano sempre. A modo loro ti chiamano a non andartene mai perché hanno quella capacità di educare l’anima e di farti vedere il mondo con occhi nuovi. Lo ha sperimentato Davide Pellizzari quando aveva solo 20 anni, un futuro davanti e il servizio civile obbligatorio. “Avevo trascorso un anno, mi avevano chiesto di fermarmi part-time ma io lavoravo in una concessionaria e ho voluto riprendere da dove ero partito. Però quell’esperienza mi aveva fatto stare bene così ho continuato a frequentarla come volontario…” poi il suo contratto non viene rinnovato e il posto che non aveva accettato lo stava ancora aspettando.
La cooperativa San Gaetano prende forma quando, negli anni ’90, la comunità di Albinea iniziò ad interrogarsi sul principio della carità. “All’epoca i vescovi avevano invitato ad avvicinarsi a persone bisognose attraverso opere di carità – spiega Davide, oggi presidente dell’ente – In quel periodo in parrocchia arrivavano molte richieste di accoglienza. Cosa possiamo fare? si chiedevano in tanti e così si scelse di offrire una casa, un posto dove dormire, mangiare, vestirsi e prendersi cura di sé”. La Casa Famiglia della Carità nasce come segno piccolo ma concreto e visibile di una comunità che accoglie, vive, supporta e assiste persone in difficoltà. “Si voleva far vivere l’esperienza dell’essere famiglia a chi una famiglia, per ragioni diverse, non l’ha più. Per questo si scelse di far gestire la Casa a famiglie volontarie creando un appartamento comunicante ma indipendente, nel quale soggiornano a turno per tre mesi”.
Una casa per 20 persone che portano nelle loro valigie storie diverse: chi in fuga dal proprio paese, mamme provate dall’esperienza di strada, alcolisti o tossicodipendenti in fase riabilitativa, persone che al gioco si sono giocate tutto, anche gli affetti. Con loro ci sono le famiglie che mosse da molteplici motivazioni, hanno scelto di diventare volontarie perché qui parole come condivisione, gratuità, amore e speranza si trasformano e diventano concreti gesti di attenzioni rivolte agli altri. Ognuno con i propri spazi ma con momenti condivisi, seduti a tavola per pranzare insieme, raccontarsi, andare oltre alla quotidianità. “Quando nelle famiglie volontarie ci sono bambini, si percepisce il carattere educante di questa casa – racconta Davide – I bambini hanno un approccio paritario, i dialoghi a tavola si costruiscono con facilità, fanno domande, non si vergognano, non fanno percepire le differenze. Questo aiuta i loro genitori ma anche chi vive la casa perché nelle esigenze familiari tutti trovano spazio per aiutare a loro volta, per offrire il loro tempo. Spesso come genitori cerchiamo di proteggerli nascondendo loro il bisogno degli altri. Eppure proprio i bambini ci dimostrano che anche i più bisognosi sono persone con cui si può stare bene insieme” ammette Davide.
La cooperativa si sviluppa seguendo i bisogni che nascono. “Quando è scoppiata la crisi finanziaria ed economica del 2008, diverse persone si sono trovate a passare il loro tempo nella Casa. Non potevamo lasciarli soli tutto il giorno a pensare ai loro problemi. Da un pezzo di terreno che abbiamo ricevuto in uso gratuito, abbiamo deciso di intraprendere una nuova via: volevamo farli camminare in avanti. Abbiamo messo a dimora 220 ulivi, creato un’acetaia per la produzione di aceto balsamico e avviato la produzione di marmellate”. Da una necessità si sviluppa la cooperativa di inserimento lavorativo. Oggi la Cooperativa San Gaetano conta una decina di dipendenti – tra operatori del centro diurno, disabili e ospiti della casa di accoglienza – e distribuisce i propri prodotti alimentari attraverso i supermercati locali ed i pacchi natalizi di alcune aziende. “Le persone vengono impiegate in base alle loro capacità: c’è chi lavora una giornata intera, chi etichetta, chi sfalcia…”
Semplicità, dolcezza e pazienza sono gli ingredienti che si acquistano insieme all’olio, all’aceto balsamico, alle marmellate di fragole, prugne, limoni, arance e mele, al limoncino e al miele. Gli stessi ingredienti che condiscono la vita comunitaria e il centro diurno per disabili. Gli stessi che si trovano negli appartamenti semi-indipendenti per uomini e donne che possono così ricominciare a muovere i loro passi verso la vita che li attende.