Seconde opportunità: i legami che fanno rivivere donne e oggetti dimenticati
Esiste una piccola associazione nel cuore della Liguria che si occupa di donne vulnerabili e di riciclo. Un legame cucito dalle seconde opportunità che si generano quando persone e cose tornano a vivere assumendo forme nuove.
Sc’Art! nasce nel 2013 a Genova da un gruppo di donne impegnate a favore dell’ambiente e della sensibilità civica. “Studentesse, casalinghe, pensionate e lavoratrici tutte noi volevamo esserci per ridurre gli sprechi e favorire occasioni di inserimento lavorativo per donne più fragili” racconta Etta Rapallo presidente dell’associazione.
Per questo l’ente inizia a muoversi in campo formativo ed educativo. Ma anche in quello didattico ed artistico, proponendo due progetti che riescono a trasformare il territorio prendendosi cura degli oggetti e delle persone che lo abitano.
Il progetto Remida
Remida Genova è un progetto culturale ed ecologico, ispirato a quello internazionale nato a Reggio Emilia più di 20 anni fa, che raccoglie e rimette in circolo prodotti imperfetti, scarti industriali e artigianali. 150 organizzazioni beneficiano della distribuzione gratuita di materiale come legno, carta, stoffe, cuoio, lana che con un po’ di creatività assume inedite forme.
Remida è un progetto di incontro e di scambio. Di formazione e riuso. Più di 800 bambini vengono incontrati ogni anno negli oltre 50 laboratori che l’associazione organizza nelle piazze, nelle scuole, nella loro stessa sede.
Il progetto Creazioni al fresco
Se Sc’art con “Remida Genova” trasmette l’idea che ogni oggetto prima di diventare scarto ha un’alternativa, con Creazioni al fresco contribuisce a creare nuove opportunità per le donne detenute nella Casa Circondariale di Genova.
“Abbiamo iniziato creando dei biglietti natalizi e quell’esperienza ci ha fatto aprire gli occhi su questa parte di mondo invisibile alla società civile. C’era bastato poco per capire che, anche se hanno sbagliato, stavano pagando una doppia condanna: scontavano la pena e non facevano nulla dalla mattina alla sera. Eppure in alcune delle donne che abbiamo incontrato c’era passione, voglia di riscattarsi e di prendere in mano il loro futuro. Così abbiamo deciso di creare un laboratorio” ricorda Etta.
L’associazione ha incontrato più di 100 donne con cui ha realizzato borse, complementi d’arredo, accessori moda recuperando striscioni pubblicitari dismessi e teli di ombrelli rotti. Il lavoro restituisce loro una dignità perduta. “C’è stata una donna che dopo soli due giorni di libertà ha bussato alle porte della casa circondariale chiedendo di riprenderla perché non sapeva dove andare. La vita fuori dal carcere è tosta. Così abbiamo sviluppato anche dei laboratori esterni che danno continuità lavorativa con contratti veri. Qui le donne trovano impiego nell’attività di sartoria, aiutano nella promozione e nella vendita” testimonia Etta.
Scoprirsi brave in qualcosa è liberatorio. Trasmette una nuova fiducia in sé stesse grazie alla quale si può provare a trovare un nuovo equilibrio tra gli affetti, il lavoro e il quotidiano.
La rete
Nonostante Aps Sc’art sia una piccola associazione composta da 14 persone, in questi anni ha contribuito a creare un modello circolare e la sensibilità rispetto alla raccolta differenziata, al riuso e al riciclo è in aumento. Lo si nota dalla richiesta di raccolta materiali che non si è mai fermata nemmeno durante il lockdown. Ma anche dalla rete di musei, centri commerciali, teatri, cooperative che hanno preso a cuore il progetto; un esempio concreto è il negozio “Lo Spaventapasseri”, che non si accontenta di vendere le “Creazioni al fresco” ma crea percorsi di formazione al lavoro per quelle donne che possono fare della sartoria una professione.
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