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Rebecca e il coraggio di restare

Rebecca e il coraggio di restare

La rubrica Giovani Speranze si arricchisce con la storia di Rebecca, impegnata nella cooperativa sociale La Paranza e fondatrice della cooperativa sociale La Sorte

Volevo solo fuggire. Lontano da qua.

Perché a quindici anni sapevo distinguere un fuoco d’artificio da uno sparo e il rischio di non diventare adulti per colpa di un proiettile vagante è un pericolo reale.

Ti sembra normale?

Per proteggermi ho iniziato a mentire. A dire che abitavo in un altro posto perché mi vergognavo del pregiudizio che mi cadeva addosso quando dalla mia bocca usciva “Rione Sanità”. La paura si prendeva le persone e mi teneva a distanza dagli altri. Ma sai cosa succede a forza di mentire?

Ti prosciughi. E la sensazione di essere sbagliata ti logora un giorno per volta.

Ero nata nel posto sbagliato, non avevo il fisico giusto, non potevo permettermi le cose di tutti. In me, insomma, non andava niente.  Soffocavo il dolore nella pancia. Fino a quando mi sono chiusa in camera, circondata dal buio di giorni inconsistenti, con la voglia di chiudere gli occhi e non svegliarmi più.

Ma poi la porta si è aperta. Volevo diventare maggiorenne e fuggire lontano, trasferirmi a Firenze per ricominciare. Per crearmi un futuro lontano da una città dove il futuro non è pensabile.

Però i sogni costano e certi sono troppo cari per una famiglia numerosa con una sola entrata. Allora mi sono cercata un lavoro. E così sono rinata.

Ho iniziato il Servizio Civile alla Paranza perché era dietro casa, dico la verità. Andavo a scuola, poi con il mio zaino arrivavo in cooperativa. E sai cosa? Lì si interessavano a me, il mio dolore non lo dovevo nascondere. I miei limiti neppure. Sembrava una magia ma lì andavo bene così come ero.

Mi sentivo al sicuro e protetta. Piano piano ho abbattuto le mie insicurezze e le barriere che mi impedivano di volermi bene. Ho iniziato ad essere me stessa perché mi hanno formata a riconoscere la bellezza e quando impari a vederla, a sentirla, ne diventi portatore a tua volta! E tutto cambia. 

Al mio primo tour guidato avevo 18 anni e con la pandemia in corso c’era solo una persona. È stato bellissimo! Ho capito che le mie parole avevano un potere trasformativo, che raccontando potevo ispirare e accendere la speranza negli altri. Mi sono sentita dentro a un cambiamento e di questa storia ho voluto esserne parte.

Così ho scelto di non partire. A volte serve più coraggio per restare che per andare. Ma alla fine, ne vale la pena.

Oggi sono una guida. E sono felice. Accompagno alle catacombe, allo Jago Museum, alla Chiesa Blu e alla Santa Maria della Sanità. Guido i visitatori a percepire la meraviglia, li porto nel mio mondo, nel mio Rione per testimoniare che c’è sempre una via per costruire futuro, che c’è bellezza, che il valore siamo noi.

La sera mi addormento toccando il cuscino. Non ho più paura, anzi ho voglia di generare sempre di più. Per questo insieme a un gruppo di amici stiamo aprendo una nuova cooperativa, La Sorte. E pensare che odiavo questa periferia. Oggi invece non potrei vivere senza.

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