Perchè favorire la cittadinanza attiva
Il mondo è messo in discussione e quando i paradigmi ritenuti certi vacillano, si presenta la possibilità di creare qualcosa di nuovo. Eppure per vivere in una società migliore, più umana e sostenibile, è necessario partire da ciò che rende i cittadini “buoni cittadini”. Insieme a Paolo Stefano, presidente dell’associazione Prospettiva Famiglia, da anni impegnata nella formazione culturale delle giovani generazioni e degli adulti, parliamo di cittadinanza attiva: come si sviluppa, chi la crea e la promuove? Perchè far crescere i cittadini di domani consente di far evolvere la comunità.
Lo tzunami dell’adolescenza
Quando la persona passa dall’infanzia all’adolescenza avvengono talmente tanti cambiamenti, che il medico Alberto Pellai ha parlato di tsunami dell’adolescenza. Non staremo qui ad elencarli tutti, ma ci concentreremo sul cambio di perimetro del “mondo” a cui questa persona fa riferimento: il suo mondo che fino ad allora erano state le mura domestiche, diventa ora il suo quartiere, la sua città, il suo Paese. Da questo momento egli viene investito di un ulteriore ruolo che è quello di essere un “buon cittadino”. In cosa si sostanzia questo ruolo? Fondamentalmente nel portare nella sua vita sociale i principi di cui dovrebbe essersi imbibito in famiglia: il rispetto delle regole, il rispetto degli altri. Se poi a questo modus vivendi, si aggiunge anche la tolleranza per le opinioni altrui e la proattività nel sentirsi parte – per quanto piccola – determinante del futuro della società in cui vive, non sarebbe sgradito.
In sostanza, l’adolescente è chiamato innanzitutto al rispetto delle regole che la società si è data e che sono assolutamente necessarie – quanto volte ce lo ha ripetuto l’ex giudice Gherardo Colombo- per una convivenza più facile e più civile. Non serve citare il famoso esempio del semaforo per far capire cosa succederebbe se non ci fossero le regole: a volte un po’ odiate, ma, ad una riflessione più profonda, elemento cardine della vita sociale.
Oltre le regole il contributo delle proprie azioni
Tuttavia, mai come in questo momento, al cittadino viene chiesto non solo un atteggiamento passivo di non-violazione delle regole, ma soprattutto un comportamento attivo, volto a portare il suo piccolo sacco di frumento al mulino della democrazia. Cervelli pensanti, persone colte e letterate, ma soprattutto persone di buon senso hanno l’obbligo morale di mettersi a disposizione delle Istituzioni per dare un contributo al consolidamento di quanto hanno fatto i Padri fondatori della Repubblica. Prospettiva Famiglia, in una delle edizioni della “Borsa di Studio Tommasoli” di qualche anno fa, indisse il tema di una “mini-Costituzione”, invitando i ragazzi delle scuole a mettersi nei panni dei Ferruccio Parri, degli Enrico De Nicola, dei Sandro Pertini e stabilire quali fossero i pilastri fondanti della nostra Repubblica. Noi siamo convinti che – soprattutto se il bambino è cresciuto nei suoi primi anni– in un ambiente dove si è abbeverato alla fonte del rispetto reciproco e del “bello”, ha sicuramente i germi di quei valori morali (nulla ethica sine aesthetica) che in età adulta lo possano rendere elemento di spicco nella creazione di una società civilmente ed eticamente evoluta.
Senza pretendere che il cittadino debba trasformarsi in uno Spiderman dei tempi moderni, si pensi che per essere un buon cittadino sono sufficienti gesti e azioni semplici, purché spinti da un ideale puro. Su questo ambito farò due soli esempi: innanzitutto il voto. Quante volte siamo indotti a non adempiere a questo diritto-dovere perché delusi da innumerevoli esempi di cattiva politica, che anziché premettere il bene comune a quello del singolo, fa esattamente il contrario. Altro esempio quella della recente normativa anti-corruzione: un’ampia parte della normativa è dedicata al whistleblowing (soffiare nel fischietto). Di cosa si tratta? Beh, molto semplicemente si sta dicendo: “caro cittadino, qualunque ruolo tu abbia nella vita lavorativa o sociale, quando assisti o vieni a conoscenza di un atto illecito, non girarti dall’altra parte, ma dai l’allarme”. Se ci pensiamo, soffiare nel fischietto è l’atto più semplice che ci sia e se diamo un fischietto in mano ad un bambino, egli stesso – come primo atto – non farà altro che soffiarci dentro; eppure, questo segnale, questo allarme, questo richiamare l’attenzione degli altri (dal vicino di casa al rappresentante delle forze dell’ordine, dall’amico con cui si sta giocando al funzionario pubblico) ha un valore fondamentale. Si pensi, per dare un altro esempio, agli effetti di un incendio, se solo l’allarme venisse dato tempestivamente.
Ridurre le disuguaglianze sociali
La cittadinanza attiva deve mirare, secondo la nostra interpretazione, anche a ridurre le disuguaglianze sociali; ce lo diceva, il 20 ottobre 2017, il prof. Romano Prodi, quando, parlando de Il piano inclinato, disse: “Mentre il profilo delle nostre società veniva profondamente modificato dall’impatto della tecnologia, della finanza e della globalizzazione, ci siamo dimenticati dell’uguaglianza.” E questo è un obiettivo che il bravo cittadino non può tralasciare perché senza uguaglianza la stessa crescita rallenta e le crepe nella coesione sociale mettono a rischio la stabilità democratica. Includere, non escludere. Portare a bordo anche coloro che appaiono più deboli genera vantaggi perché – e qui mi rifaccio alle parole di don Mazzi quando seguiva personalmente un ragazzo che aveva assassinato i genitori della fidanzata in un noto caso di alcuni anni fa – anche nel cuore delle persone apparentemente peggiori c’è una piccola scintilla, che, se ravvivata e valorizzata, può portare a risultati straordinari.
Quali le modalità per costruire un bravo cittadino? Diciamo pure che ci sono vari modi per far sì che il bambino di oggi sia il bravo cittadino di domani, ma due ingredienti non devono mancare mai. Innanzitutto, l’esempio. Possiamo dire e urlare ai nostri ragazzi tutto quanto di positivo esista al mondo, ma se poi con il nostro comportamento non siamo coerenti, la frittata è fatta. Nulla è più deprimente agli occhi del ragazzo che guarda al proprio genitore, come vederlo predicare bene e razzolare male. Non possiamo dire in famiglia “io ho una dignità, non accetterò mai quel denaro” e poi fare il contrario. I ragazzi non si aspettano che noi genitori siamo degli eroi, ci stimano e ci apprezzano come persone normali, ma una cosa la pretendono: che noi genitori si sia chiari e identificabili come una fotografia ben nitida. Dire una cosa e farne un’altra rende la foto sfocata e sgradita. L’altro ingrediente che, insieme all’esempio, non può mancare è l’empatia. Essa è il network attraverso il quale le nostre emozioni, le nostre sensazioni, i nostri sentimenti arrivano al figlio e viceversa. Esso il canale di comunicazione con il quale dialogare. In mancanza di questo “filo diretto”, restiamo come un bellissimo libro che nessuno ha mai letto e al tempo stesso, nostro figlio resta alla ricerca di quei caratteri identificativi originanti che sono il fondamento per intraprendere un qualunque viaggio; non possiamo costruire una società nuova, se non facciamo tesoro di quella da cui proveniamo; saper discernere quanto di buono (da portare avanti) e quanto di brutto (da scartare) ha la società attuale, è l’informazione indispensabile per costruire quella futura.
Occorrono persone vere e luoghi non convenzionali
Per agganciare i ragazzi rapidamente occorrono figure di altissimo valore morale, uomini e donne che colpiscano il loro immaginario e richiamino alla mente gesti di grande dirittura e integrità. La presenza, ai nostri incontri, di uomini e donne che sprigionano questo potere emotivo è stata in passato la conferma di questa affermazione: Giuseppe Ayala, Gian Carlo Caselli, Pier Camillo Davigo, Gherardo Colombo, Nicola Gratteri, Maria Falcone e la compianta Rita Borsellino sono figure che richiamano alla mente anche dei giovani, un modo unico di vivere il rapporto con le Istituzioni, il rapporto con la gente, il rapporto con la propria coscienza. Qui siamo all’apice della scala morale: figure che hanno dedicato tutta la loro vita, e in qualche caso l’hanno anche immolata, alla ricerca di principi universali come la Giustizia, la Libertà, la Democrazia. Portare a bordo i ragazzi – ma il discorso vale anche per gli adulti, sia chiaro – comporta fatica, impegno e fantasia; occorre uscire dal solito clichè per proporre loro qualcosa che realmente li coinvolga e li faccia sentire protagonisti. Non servono, come ci disse saggiamente Nando Dalla Chiesa, luoghi particolari. Egli stesso, infatti, da professore universitario sorprese i suoi stessi colleghi, quando portò i ragazzi al Carcere di massima sicurezza dell’Asinara; mise i ragazzi a prendere appunti sotto un cielo stellato, con i testi illuminati dalla luce dei telefonini. “Perché per discutere di temi seri non bisogna necessariamente essere in aula; a volte va bene anche essere in quei luoghi che hanno visto o vedono svilupparsi quei comportamenti violenti e subdoli che stanno alla base della condotta criminosa (io non li porto ai circoli del jazz, né a vedere i musei; li porto in luoghi che sembrano l’inferno).” Fautore di quella teoria dell’immersione per cui l’apprendimento è più efficace quando è sviluppato insieme agli altri in un fertile ed efficace contraddittorio. Ecco sì, direi che per creare il buon cittadino occorre metterlo nel ruolo, far sì che egli si cali nei panni di un deputato della Repubblica, di un pubblico funzionario, di un rappresentante delle Forze dell’ordine; in sostanza, abituarlo a valutare la situazione, a prendere decisioni importanti da cui può dipendere il destino di molti, Se li abitueremo a farlo, ispirati ai principi di cui noi genitori siamo (dobbiamo essere) portatori, avremo dei buoni manager, dei buoni funzionari, dei buoni deputati.
Conoscere per trovare soluzioni
La cittadinanza attiva non prescinde dal prendere consapevolezza della situazione politica e sociale del proprio Paese; evitando possibilmente di cadere nel dibattito politico, spesso sterile, cattivo e fazioso, è importante educare i ragazzi a comprendere la realtà che li circonda, quali decisioni politiche vengono prese, qual è la foto socio-economica del nostro Paese, come cambiano i costumi ed il lessico giornalistico: appropriarsi di ciò significa accendere i riflettori e consentire di valutare con più facilità rispetto a quando il palcoscenico è al buio o si vedono solo delle ombre. Una volta valutata la realtà, occorre meditare (cosa rarissima in un mondo che viaggia alla velocità della luce), “vedere” i fatti non con l’occhio, ma con la mente e con il cuore, pensare a soluzioni che ci possono apparire impossibili e che invece si possono realizzare a condizione che ci si creda veramente e ci si punti con tutte le proprie forze (stay hungry, stay foolish – Steve Jobs, Università di Stanford, 2005). E’ pensabile una città senza inquinamento? E’ pensabile un Paese dove la gente non muoia nel disinteresse generale? E’ pensabile un’economia che abbia come obiettivo il bene sociale prima del profitto? Beh, su quest’ultimo tema le società sostenibili (ESG – Environmental Social Governance) sono la dimostrazione che si può fare e ottengono anche il consenso finanziario in quanto la tutela dell’ambiente è una cosa che sta a cuore a tutti. Da qui alla Francesconomics il passo sarebbe breve, ma si aprono scenari immensi che qui non possiamo affrontare per ragioni di spazio.
Come Prospettiva Famiglia, sappiamo che la strada è in salita, ma vogliamo anche credere a quanto di buono c’è intorno a noi e a non farci traviare dalle cattive notizie dei telegiornali perché, come si usa dire, “fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”.