Laboratorio Lesignola, l’amore che salva
Sono solo adolescenti. Eppure per il mondo esterno sono ragazzi ingombranti e nessuno li vuole perché è complesso gestire le ferite che portano dentro e che contro la loro volontà si aprono, fanno male e producono effetti ogni volta diversi. “Per la società è come se fossero invisibili oppure sporchi oppure cattivi – racconta Carminio fondatore del Laboratorio Lesignola – invece noi quando abbiamo avviato i nostri laboratori nelle scuole abbiamo visto la loro bellezza, il loro bisogno nascosto e abbiamo deciso che per loro dovevamo fare qualcosa. Volevamo aiutarli a crescere…”
L’esperienza di Carminio inizia quasi trent’anni fa quando faceva la vita da studente universitario ma sentiva che ricercava altro, qualcosa che lo toccasse nel profondo. Ci è voluto un viaggio, un mese d’Africa, in una terra lontana per scoprire qualcosa in più di sè. “In Africa ho compreso il valore dell’altro e quando sono rientrato avevo voglia di impegnarmi, di fare, di esserci per le persone. Così ho iniziato a fare volontariato, lavoravo per una cooperativa sociale e mi sono laureato in veterinaria. Lì sono entrato in confusione perché non capivo. Io volevo fare il veterinario o l’educatore?” A salvarlo dal proprio bivio è stato un libro: Animali guaritori. “Quando mi è capitato tra le mani non ho dormito per giorni e terminata l’ultima pagina avevo capito cosa volevo fare da grande: terapia con gli animali!”.
La vita riserva sorprese inaspettate. Mentre Carminio matura esperienze come educatore in diversi ambiti con disabili, minori e immigrati, conosce la compagna della vita, psicologa, e un’amica pedagogista. Con loro inizia a sperimentare laboratori scolastici sulla relazione con gli animali e sono proprio i ragazzi più fragili a dimostrare un rapporto speciale con i mammiferi. Per un ragazzo è facile capire che gli animali hanno sentimenti e bisogni. Mentre per loro è difficile capire che anche le persone li hanno. Trattavano gli animali come loro pari”. Dopo quattro anni di progettazione decidono di aprire una cooperativa sociale ma in loro matura una frustrazione importante. “Ci accorgevamo di fare passi importanti con i ragazzi. Però quando gli adolescenti tornavano a casa, con le situazioni famigliari complesse a cui erano sottoposti, si azzeravano le tappe del percorso e ogni volta era un ricominciare da principio” racconta Carminio per questo scelsero di aprire una comunità educativa loro. “Non abbiamo mai avuto santi protettori, siamo andati in banca e abbiamo chiesto un prestito per partire. Ci sono voluti diversi anni per standardizzare le nostre attività. Gli animali e la natura sono divenuti parte integrante dei progetti: cavalli, muli, asini, cani, conigli… ogni animale è adatto per agire sui punti di crescita e ci permettono di lavorare sulle emozioni dei ragazzi”. Prendendosi cura dell’animale, stabilendo con esso una relazione si lavora sull’emozionalità, sulla consapevolezza, l’empatia e i talenti di ciascuno. “Ognuno di noi possiede un’energia – spiega Carminio – gli animali aiutano a modularla per entrare al meglio nelle relazioni e insegnano che non sei sbagliato, vai bene così. Gli animali ti accettano per quello che sei, a loro non interessa come siamo fatti, il nostro passato ma come siamo con loro. Un lavoro che si fa su di sé per avere ricadute positive nei contesti sociali”.
Laboratorio Lesignola comprende due comunità per minori e una fattoria di 8 ettari per promuovere educazione, socialità ma anche lavoro. “Ci siamo accorti che una volta usciti da qui i ragazzi non avevano difficoltà a trovare lavoro ma a mantenerlo. Per cui abbiamo deciso di creare attività lavorative qui, per allenarli alle conseguenze del lavoro. Abbiamo 150 alberi da frutto, campi di frumento per il pane, attività manuali di varia natura e produciamo gelato artigianale”.
In questo piccolo colle in provincia di Reggio Emilia si sono incontrate storie di 140 ragazzi tutte accomunate da un passato burrascoso, dalla difficoltà di creare amicizie con altri e dalla paura per il futuro. “Il nostro lavoro è duro. Un po’ per il tempo che impieghi a costruire un legame di fiducia reciproco, un po’ perchè i risultati li vedi dopo anni di lavoro, un po’ perché non ti senti mai veramente utile per loro… lo vedi dopo, nei fatti, nelle telefonate che ricevi, nel contatto che si mantiene. Alla fine scopri che diventi la loro famiglia anche se non lo ammetteranno mai perché ammetterlo significherebbe dire che la loro di famiglia non andava bene!”
27 educatori e una relazione d’affetto capace di nutrire il futuro. Un futuro che la cooperativa si augura di rendere sempre più inclusivo aprendo le porte della fattoria a molteplici esperienze con anziani, minori e disabili. Vogliono far nascere una commistione vincente che crei un abbassamento della diffidenza per allargare gli orizzonti e non chiuderli.